giovedì 23 gennaio 2014

Questione di semantica

26 Settembre 2013

Bambino fa certi rutti che nemmeno un adulto. Mi sa che cercherò di far coincidere i miei viaggetti a Venezia con la sagra di Cazzago. Lì fanno la gara di rutti: se lo piazzo davanti al microfono dopo la poppata vinciamo il primo premio. E vola via pure il tendone, mi sa.
Poi, il bello è che, quando gli batto la schiena per farglielo fare, la vibrazione stimola anche me e lo faccio anch'io, Mr. Fox si lascia contagiare per osmosi, e così via tutti, rutto libero. Momenti di raffinatezza familiare.

Chissà perché, comunque, quando si tratta di neonati si usano sempre il diminutivo e il vezzeggiativo: rutt-INO, cacch-INA, pugn-ETTO. Come se fossero cose piccole e carine. Bambino mi tira certi ganci sinistri sulle tette che son degni di Rocky Balboa, i colpi segreti del poppante della grande scuola di Hokuto, altro che pugnetti. Anche il cosiddetto bagn-ETTO, in realtà, è un'operazione bellica che allaga il bagno. Mi ritrovo tutta inzuppata anch'io, ma di sudore. E sulla puzz-ETTA è meglio che non mi pronunci nemmeno.
Il diminutivo non rende giustizia, è questione di sfumatura semantica. Io propongo di dare a Cesare quel che è di Cesare, di dare agli infanti la dignità che spetta loro e coniare, quindi, nuovi vocaboli da far entrare nel linguaggio comune: GIGA-rutto,
STRA-cacca,
pugno-ROTANTEDALLACULLACONFURORE.
Questi sì che renderebbero l'idea.


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