La strategia dell'opossum

18 Agosto 2013

Dicono che prendendo in braccio un pupo di un mese non si rischia di viziarlo perché non capisce ancora il concetto di causa ed effetto, e che quindi, se piange, piange per un motivo specifico...
Sarà. Allora magari Bambino Disperato è precoce perché quando viene lasciato solo nel suo lettino attacca tali strilli che sarebbe capace di evacuare un'intera scuola più velocemente di un allarme antincendio. Il vicinato fugge e l'isola si svuota; rimangono solo le vecchiette smemorate che vagano confuse credendosi di nuovo giovani e in pieno periodo di guerra:
"Attacco aereo!!! Bombardamento!!! Tutti al rifugio! Dov'è il rifugio? Dov'è il rifuuugioooooo?"
Fanno pena, non si possono vedere.
Poi, chissà come, appena lo prendo in braccio smette. Si addormenta istantaneamente, praticamente sviene. Butta indietro la testa e le braccia e ronfa con la bocca aperta. Al che provo a rimetterlo giù: sirena.
Di nuovo in braccio: ronf.
Giù: il verso di tre gatti che litigano nella stagione degli amori.
Braccio: svenimento, soddisfazione, sorrisetto.
Si può ripetere l'operazione quante volte si vuole, a piacere.
Zio Tibia la definisce la "strategia dell'opossum": piange, poi appena lo si tocca si finge morto per confondere l'avversario.
Il fatto è che questo bambino ha velleità aeronautiche. In famiglia son quasi tutti aviatori. Detesta il suolo, vuole vivere sospeso. Se almeno Silvan gli insegnasse a levitare mi risparmierebbe il dolore ai bicipiti.