lunedì 13 gennaio 2014

Burocrazia

15 Luglio 2013

Tra i vari giri per uffici di oggi c'è stato anche quello all'anagrafe per fare la carta d'identità al pupo. Cosa assolutamente non facile se fa caldo, è mezzogiorno e i vostri riflessi sono già offuscati di loro.
Impiegato: "servono due fototessere del pupo, con gli occhi aperti e senza che si vedano le vostre mani che lo tengono".
Come chiedere la luna. Il mio sguardo era pressapoco quello di una a cui annunciano la terza guerra mondiale. Ed io che nella mia beata ingenuità pensavo che bastasse, che ne so, una foto della mamma. O magari potrebbero farsi andar bene un bel ritratto di famiglia.
Dopo quattro tentativi alla macchinetta (per i quali il mio compagno voleva farsi ridare i soldi -non si sa bene da chi- perché credeva si potesse riprovare fino al completo raggiungimento della felicità) un macello alla Animal House e tutto l'ufficio che ride, la mia espressione da gatto con gli stivali commuove l'impiegato che si fa andar bene la foto (in cui si vedono le mani e lui ha gli occhi chiusi, ovviamente). Arrivo con un fil di voce dall'addetta: "carta d'identità...neonato...espatrio...".Ormai parlo come un telegramma.
Impiegata: "colore occhi?"
"Blu scuro"
"Non c'è. C'è azzurro o marrone"
Peccato che sia ancora troppo presto per saperlo. Altro mio sguardo vacuo da annuncio guerra mondiale.
"Metta azzurro per buon auspicio".
La carta d'identità più bislacca del mondo è fatta.


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